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“Banksy Does New York”
In questo articolo vogliamo ricordare un bellissimo film-documentario uscito circa tre anni fa, che celebra l’arte e l’originalità di Banksy, l’artista più irriverente e brillante dell’ultima generazione.
Dal 1°al 31 ottobre 2013 il noto artista di strada Banksy realizzò un’opera al giorno in una location diversa di New York City: riuscì a riempire tutti e cinque i distretti della metropoli, promuovendo una sorta di caccia al tesoro delle sue opere tanto sul web quanto per le strade.
Non mancarono certo reazioni contrastanti: man mano che i graffiti venivano trovati c’era chi ,come i negozianti, cominciò a parlare di disturbo della quiete pubblica e di deturpazione della città. Addirittura intervenne l’allora sindaco, Michael Bloomberg, per il quale Banksy stava “imbrattando” New York senza apparente motivo, e non si fecero attendere interventi della polizia per cancellare le suggestive creazioni.
Il documentario di Chris Moukarbel è incentrato sì su Better Out Than In, questo il nome del progetto artistico, ma anche sulla reazione del pubblico e sul fondamentale ruolo dei social media, essenziali affinché l’operazione di Banksy avesse successo.
Molti newyorkesi hanno preso come una vera e propria missione controllare costantemente il suo profilo Instagram e poi correre a cercare la sua nuova opera.
Il film ci mostra anche una sorta di altruismo e fratellanza che si è venuta a creare nella comune passione per Banksy: c’è chi si è preoccupato di cercare di riparare eventuali opere danneggiate da vandali, chi, sempre grazie ai commenti su Instagram, ha aiutato gli altri a trovare prima il lavoro diffondendo le informazioni che ha raccolto fino a quel momento, chi ha filmato per denunciare eventuali danneggiamenti e furti e chi è intervenuto personalmente per cercare di allontanare le persone colte in flagrante.
Perché ci sono così tanti appassionati di Banksy? Probabilmente perché spesso i suoi messaggi sono diretti e di facile comprensione, puntano l’accento su tematiche molto attuali con intelligenza e ironia.
Il documentario in questione ci ricorda che non è tutto qui, perché Banksy ha saputo ben giocare con il suo ruolo da writer di denuncia arrivando ad essere famoso pur restando nell’anonimato, ed è proprio questo uno dei suoi maggiori punti di forza. Molti sono i suoi estimatori anche tra gli esperti, da una giornalista a un critico d’arte passando per chi spera di guadagnare con le sue opere.
Anche sotto questo aspetto il documentario Banksy Does New York è completo perché corredato dalle loro personali testimonianze e dalle differenti prospettive con cui guardano questo vero e proprio fenomeno sociale.
Un film raccomandato sia agli appassionati dell’artista sia a chi ne è incuriosito e ne vorrebbe sapere di più in merito.
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Julia Butterfly Hill
Luna è un’antica sequoia alta più di 70 metri, minacciata di taglio da una industria del legno, che ha acquistato il bosco e vuole eliminarlo.
Ma sui suoi rami sale un angelo custode, o meglio, una farfalla custode: si chiama Julia Hill.
È una giovane ambientalista americana, che resterà ancorata a quelle fronde millenarie per salvarle per ben 738 giorni.
Siamo nel 1997, un gruppo di attivisti protesta contro la distruzione degli alberi.
Coraggiosa e determinata, Julia si offre volontaria per salire su uno degli alberi più alti, nella speranza di fermare il cosiddetto “taglio a raso”, ovvero il taglio di alberi di tutte le età e dimensioni, per poi bruciare l’intera area.
Sa fin da subito che l’unico modo per ottenere l’attenzione mediatica e pubblica sarebbe stato quello di battere il record di permanenza su un albero, fermo a 42 giorni.
E questo è esattamente quello che fa. Dopo 100 giorni trascorsi su Luna, Julia è su tutti i giornali per spiegare l’importanza di salvare questi alberi. Soprannominato “Butterfly”, trasmette senza sosta questo messaggio e condivide col mondo la sua conoscenza sulle antiche sequoie.
Il viaggio intrapreso è estremamente difficile, fatto di privazioni, condizioni climatiche avverse, vento costante, freddo e pioggia. Anche il personale della Pacific Lumber si adopera per rendere il suo soggiorno ancora meno sopportabile, con vessazioni, luci per non farla dormire e persino uso di spray al pepe. Ma Julia resiste, combattendo taglialegna e solitudine allo stesso tempo per la sua nuova amica Luna, con cui man mano diventa un tutt’uno.
Dopo 738 giorni, il 18 dicembre 1999, Julia finalmente mette i piedi sul terreno.
L’azienda si è arresa e l’albero è salvo. “Mi stavo lasciando il miglior maestro e amico che abbia mai avuto. La persona che era salita e quella che era scesa erano così profondamente diverse che non ero sicura di riuscire ad affrontare il ritorno alla vita nel mondo. Non avevo toccato la terra per due anni e otto giorni”, racconta la donna.
Julia Hill, meglio conosciuta come Julia Butterfly Hill (Mount Vernon, 18 febbraio 1974), è un’ambientalista e scrittrice statunitense. È diventata nota perché è rimasta per 738 giorni nella foresta di Headwaters, situata nella contea di Humboldt (California), dal dicembre del 1997 al dicembre del 1999, su di una sequoia a circa 55 metri[1] di altezza per impedirne l’abbattimento da parte della Pacific Lumber Company. Ha raccontato la sua permanenza sull’albero nel libro The legacy of Luna (Luna è il nome dato alla sequoia), tradotto in italiano con il titolo La ragazza sull’albero.
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